Dott.ssa Sabrina Santaniello

Dott.ssa Santaniello parliamo di donne e del mondo del lavoro. La nostra società si può definire egualitaria in questo campo?

Le donne sono la componente più dinamica della società, quella che sta cambiando più rapidamente i propri connotati a livello sociale, culturale ed economico. Grazie alla lunga marcia nel campo dei diritti, dell’istruzione e del mondo del lavoro sono passate da una situazione di totale svantaggio a una condizione di parità in molti aspetti del nostro vivere in società. Purtroppo questo lungo cammino ancora non è arrivato al suo termine. Nonostante gli obiettivi raggiunti e i risultati ottenuti, grazie ad una lotta iniziata più di un secolo fa, ancora oggi, purtroppo, le donne vedono i loro diritti non riconosciuti o calpestati e, in varie occasioni, sono vittime di discriminazioni, pregiudizi e violenze. La nostra società è ancora lontana dall’aver raggiunto una condizione di pari opportunità per pari capacità tra i due sessi. Ancora oggi purtroppo le differenze tra i generi, soprattutto nel mondo del lavoro rimangono forti, sia in termini di opportunità che di reddito, quest’ultimo legato principalmente alla maggiore difficoltà per le donne di raggiungere cariche apicali. Non solo, nei momenti di difficoltà è il sesso femminile a pagare spesso il prezzo più alto nel mondo del lavoro. Basta guardare i dati durante la pandemia Covid 19 dove le categorie più colpite dall’emergenza sanitaria sono state quelle che già erano lavorativamente più svantaggiate: le donne, i giovani e gli stranieri. Nel 2020 le donne che hanno perso il lavoro sono state il doppio degli uomini. Questo, da un lato perché occupano più spesso posizioni lavorative meno tutelate, ma dall’altro perché sono impiegate nei settori che sono stati più colpiti della crisi. Un altro aspetto su cui dovremo riflettere. È quindi opportuno rimarcare l’incompiutezza di questo processo per acquisire la consapevolezza di quanto ancora si debba fare per potere realmente definire la nostra società come egualitaria.

Ricostruiamo la storia del ruolo femminile. Dal mondo classico ai giorni nostri come è cambiato?

Il cammino che ha contraddistinto la condizione, il ruolo e i diritti delle donne nella nostra società e di conseguenza nella nostra professione, così come negli ambiti sindacali ed istituzionali ad essa correlati, è stato lungo e complesso. Mi sono chiesta spesso quale sia stato il percorso che tante donne, prima di me, hanno faticosamente tracciato permettendomi di essere quella che sono oggi. Per comprenderlo ho sempre cercato di approfondire la condizione delle donne nei periodi storici precedenti a partire dall’antichità greca e romana fino ai nostri giorni. Ed è da questa curiosità di ragazza liceale che ho scoperto che fin dall’antichità, il mondo classico era fatto a misura d’uomo, in particolare quello greco dove la donna ateniese non poteva partecipare alla vita politica, acculturarsi, imparare le leggi perché queste erano materie degli uomini, e poteva uscire di casa solo raramente. Anche nella società romana, in realtà, in età arcaica e repubblicana il ruolo della donna era caratterizzato da una quasi generalizzata subalternità. La perfetta matrona romana, in astratto, era quella che riusciva a trascorrere una vita intera nel silenzio attenendosi al ‘mos maiorum’, cioè ai propri doveri di sposa e di madre. L’universo femminile dell’antica Roma tuttavia, era alquanto vario, sebbene in generale la donna romana, godeva di una combinazione assai preferibile a quella della donna ateniese perché era molto più libera, partecipava ai convivia che si tenevano in casa propria o altrui, svolgeva le funzioni di un’autentica padrona di casa e godeva di un trattamento più favorevole dal punto di vista economico e legale.

A differenza delle donne greche le donne romane, quindi, avevano un’esistenza riconosciuta e un ruolo sociale, oltre ad essere infinitamente più libere nei movimenti: ad esempio, alla morte del padre partecipavano alla divisione ereditaria insieme ai fratelli, e, se appartenevano alle classi più alte ricevevano una buona educazione, che poteva spaziare, accanto alla letteratura anche nel diritto e nella retorica.

Tuttavia, non è sempre facile ricostruire la condizione reale della donna nel mondo antico. Per capire la realtà delle cose dobbiamo tenere necessariamente conto che la storia è stata scritta da mano maschile e, di conseguenza, la donna è raccontata dal punto di vista dell’uomo dell’epoca. Risulta quindi acclarato il motivo per cui la figura della donna abbia avuto nei secoli un’evoluzione più lenta rispetto a quella maschile, poiché, come dimostra la letteratura, questa ha avuto un ruolo marginale e subordinato rispetto a quello dell’uomo fin dall’antichità, sia culturalmente e socialmente.

Per raggiungere quei diritti che in passato non avevano le donne hanno affrontato un percorso lungo e complesso che ha visto nel corso della storia tante protagoniste dare voce al cosiddetto “sesso debole”. L’emancipazione femminile ha conosciuto sicuramente la sua più importante accelerazione negli anni ’20, sia sul piano politico che sociale. Quello degli anni venti fu un decennio di forti cambiamenti per le donne. La Grande Guerra rivoluzionò l’immagine femminile quale “angelo del focolare domestico”. Le donne infatti dovettero supplire l’assenza degli uomini chiamati al fronte e assunsero un nuovo ruolo sul piano economico. Finita la guerra, pertanto, era impensabile tornare allo status quo precedente e le donne presero maggiore coscienza del loro ruolo nella società.

Un percorso che vide il suo culmine negli anni ’60 quando il miglioramento della qualità della vita si accompagnò ad alcune evoluzioni di pensiero: le donne, con una nuova consapevolezza di sé, chiesero maggiore libertà e riconoscimenti adeguati al ruolo che svolgevano nella società. I cambiamenti, però, furono lenti, ostacolati da una società molto tradizionalista soprattutto nel nostro paese, non ancora pronta ad accettare alcune radicali trasformazioni, soprattutto quelle di genere. Il propulsore del processo di emancipazione femminile fu certamente la maggiore possibilità di trovare lavoro, che indusse molte donne a cercare un’occupazione nel terziario, nell’artigianato e nel settore dell’industria. Alcune donne decisero inoltre di non lasciare l’occupazione dopo il matrimonio e nel 1963 arrivò la legge che vietava il licenziamento delle lavoratrici per matrimonio e trasferiva l’onere dell’indennità per il periodo di congedo obbligatorio agli Enti mutualistici e non più al solo datore di lavoro. Tuttavia non tutte furono così coraggiose da affrontare gli ostacoli e le difficoltà di una sovversione del sistema, al contrario molte preferirono rimanere entro gli schemi definiti.

Gli anni che seguirono videro il mondo femminile lottare per accrescere il livello di istruzione e intraprendere quel faticoso percorso per essere rappresentate negli ambiti associativi e istituzionali, quello che ha permesso oggi ad una donna come me di poter essere presente in certi contesti.

Qual’ è la ”condizione” della donna oggi nella società?

La condizione femminile nel tempo è migliorata grazie alle storie di coloro che non hanno mai avuto i privilegi e le opportunità che attualmente noi donne abbiamo faticosamente ottenuto, donne che hanno subito segregazioni, violenze, ma anche donne libere, senza un passato crudele. La nostra condizione, quella che i libri di storia e letteratura descrivono, è realmente cambiata, ma la domanda che tutti ci dovremmo porre è se oggi, in quanto donne, siamo considerate davvero uguali all’uomo o ci resta ancora da abbattere un’altra barriera, un altro ostacolo, probabilmente il più grande, ovvero quella mentalità limitata che domina, forse ancora, la nostra società e che vede la donna non solo biologicamente diversa dall’uomo. Da questo quesito è nato un mio duplice interesse: da una parte quello riguardante la medicina di genere e dall’altra la prima ideazione del progetto Dentista sentinella contro la violenza di genere, poi sviluppato da ANDI Nazionale e reso attuativo attraverso la Fondazione ANDI Onlus.

Sotto certi aspetti, purtroppo anche oggi siamo ancora lontani dalla parità di genere. Sul lavoro, sicuramente, dove il tasso di disparità uomo-donna è superiore al 25% tra gli specialisti della salute e le professioni tecniche in campo scientifico, ingegneristico e della produzione, ma anche imprenditori, amministratori e direttori di grandi aziende, ingegneri, architetti e altre professioni altamente qualificate. E’ qui che entra in gioco la grande battaglia per la leadership femminile. Nonostante le grandi capacità di relazione delle donne, esiste una forte discrepanza tra la presenza femminile e quella maschile nelle posizioni apicali. Alla base di questa differenza vi è sicuramente, oltre a un fenomeno storico-culturale sopra descritto, la difficoltà del connubio carriera-famiglia e l’inconciliabilità tra i tempi della cura parentale e quelli di lavoro, con i tempi di carriera, necessari per raggiungere una posizione verticistica, spesso interrotti da esigenze fisiologiche come gravidanza, allattamento e cura dei figli.

Risulta ancora irrisolto, quindi, l’annoso problema della conciliazione famiglia-lavoro e delle misure che possono agevolare tale rapporto. È un percorso questo iniziato nel 1946 e che ha portato, in alcuni casi solo formalmente, al riconoscimento delle pari opportunità ad ogni livello. Una battaglia che, nella sostanza, non potrà essere vinta senza interventi normativi che agiscano lungo più direzioni: politiche culturali di parità (combattere gli stereotipi, congedi parentali); politiche di sostegno alla famiglia (rivolte non solamente alle famiglie standard) e politiche attive del lavoro (costruire un ambiente favorevole per le donne, incentivare una maggiore consapevolezza di genere, sostenere la leadership femminile). In buona sostanza si tratta di educare alla parità e ad allenare all’empatia di genere diffondendo la cultura di genere e la valorizzazione delle differenze a partire dalla scuola.

Guardando indietro il suo percorso cosa l’ha spinta ad occuparsi di tematiche di genere?

Il mio obiettivo principale credo sia sempre stato quello di rappresentare nei vari contesti professionali, associativi e istituzionali, tutte quelle donne e professioniste anonime che hanno lottato e continuano a combattere per i propri diritti e dalle quali ho ricevuto tanta forza interiore e la passione per proseguire nel mio cammino.

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